L'alfabetizzazione tecnologica e l’AI
- Marco Repetto da Roma
- 3 giu
- Tempo di lettura: 9 min

L'alfabetizzazione è stata a lungo un privilegio sociale riservato a una ristretta élite. Solo a partire dal XVI secolo, con la produzione massiccia di testi, la capacità di leggere si estese a circa il 20% della popolazione adulta europea, rimanendo quindi limitata e legata soprattutto a esigenze religiose e di indottrinamento. Secondo i dati più recenti dell’UNESCO, la percentuale di analfabeti nel mondo, tra la popolazione adulta (dai 15 anni in su) è circa il 13,7%. Questo dato si ricava considerando che il tasso globale di alfabetizzazione è dell’86,3%. La situazione varia molto tra le diverse aree geografiche: nei Paesi sviluppati il tasso di alfabetizzazione supera generalmente il 96%, mentre nei Paesi meno sviluppati la percentuale di analfabetismo può arrivare anche al 35%.
L’alfabetizzazione tecnologica non è stata da sempre aperta a tutti.
La tecnologia ha segnato una svolta per la crescita personale, intraprendenti imprenditori e professionisti con la tecnologia hanno potuto accedere alla totalità delle opportunità disponibili per “crescere” e “migliorare” la persona, ma non è sempre stata per tutte le persone.
Nei primi del XVI secolo, legati all'alfabetizzazione, i più intraprendenti si lanciarono nella diffusione della stampa, per il 20% della popolazione questo permise l'accesso alla lettura e alla scrittura per la parte più ampia della popolazione l’accesso alla conoscenza, alla scelta e al miglioramento era precluso. In Italia questa preclusione alla conoscenza scritta e letta si protrasse fino al secondo dopoguerra. Tuttavia questo processo di alfabetizzazione sempre in Italia non si è mai completato. La percentuale di analfabeti "classici" (cioè persone che non sanno né leggere né scrivere) è molto bassa, quasi trascurabile, con circa 260.000 persone. Tuttavia, il problema più rilevante riguarda l'analfabetismo funzionale, che colpisce nel nostro paese circa il 28-35% della popolazione adulta tra i 16 e i 65 anni. Questi individui sanno leggere e scrivere, ma hanno difficoltà a comprendere testi semplici, a usare correttamente le informazioni quotidiane e a risolvere problemi di calcolo elementare. Questa condizione limita la loro capacità di partecipare pienamente alla società e al mercato del lavoro.
C’è una soluzione?
Nei primi del XVIII secolo l'elettrificazione e l'industrializzazione hanno trasformato radicalmente la possibilità di migliorare l'individuo e i suoi processi di crescita personale. A partire dalla Rivoluzione Industriale, che si sviluppò soprattutto nel XIX secolo, si segnò un cambiamento profondo nella vita quotidiana, nel lavoro e nella società, grazie all'introduzione di nuove tecnologie come la macchina a vapore, l'energia elettrica, la ferrovia e successivamente il telefono e l'automobile. Sebbene l’elettrificazione e l’industrializzazione abbiano prodotto una crescita economica significativa e innovazioni tecnologiche, i benefici non furono distribuiti equamente. Le condizioni di lavoro difficili, le disuguaglianze crescenti, la povertà urbana e la mancata inclusione di ampie fasce di popolazione hanno limitato l’opportunità di miglioramento personale e di crescita per molti individui. Quindi a causa di diversi fattori sociali, economici e ambientali che hanno accompagnato questi processi, questa innovazione ancora oggi genera: squilibrio tra lavoro e crescita, il fattore tempo è per quasi la totalità di chi lavora un retaggio dello “Sfruttamento”, certamente non solo nelle fabbriche e nel lavoro subordinato, soprattutto tra i lavoratori autonomi sembra essere ricaduti nei tempi della Seconda Rivoluzione Industriale, il tempo in cui i lavoratori subivano condizioni dure, con orari lunghi, salari (risultati economici) bassi e scarsa tutela dei diritti. Questo “sfruttamento” limitava e limita tutt’ora la possibilità di miglioramento personale. Ancora oggi l’industrializzazione porta a una concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, mentre la maggioranza delle persone rimane intrappolata nell’ambizione, nel bisogno di consumare, nella povertà o precarietà economica ed emotiva. Le disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza con l’industrializzazione, l’erogazione di servizi e prodotti si accentuarono, impedendo a molti di beneficiare pienamente della crescita economica. Ancora oggi l’emigrazione e l’afflusso massiccio di persone da aree geografiche depresse, verso contesti culturali “potenzialmente più evoluti”, genera luoghi delle nostre città malsani, con scarse condizioni igieniche e sociali, che limitarono la qualità della vita e le opportunità di crescita personale. L’industrializzazione non avvenne in modo uniforme né temporale né geografico, questo ha generato l’esclusione, da alcune regioni del mondo di gruppi sociali imponenti, marginalizzati dal progresso industriale, mantenendo condizioni di sottosviluppo o arretratezza economica e sociale. Ancora l’inquinamento e il degrado ambientale associati all’industrializzazione influirono negativamente a primi del XVIII secolo come oggi sulla salute e sul benessere di alcune popolazioni, riducendo ulteriormente le possibilità di miglioramento personale.
Oggi c’è stato uno start all’opportunità della AI quasi equo per tutti.
Dagli anni '90, con l'avvento di internet, si è avuta una rivoluzione nell'accesso alle informazioni, rendendo l'alfabetizzazione digitale una competenza fondamentale per il successo personale e professionale, tuttavia molti professionisti in settori specialistici come il mio l'architettura e il design dovettero attendere un decennio prima del pieno sfruttamento dello strumento informatico. Io no, in facoltà tra i primissimi, sfruttai l'informatizzazione per l’intero percorso accademico, non ero ricco, non ero privilegiato. Dagli anni ’90 la combinazione di innovazioni tecnologiche, apertura di Internet al pubblico, cultura hacker e sviluppo di infrastrutture ha reso possibile per la prima volta una reale democratizzazione della tecnologia, ampliando l’accesso alle informazioni, alla cultura e alle opportunità di scelta per un numero vastissimo di persone in tutto il mondo, azzerando distanza e tempo. L’accesso alle informazioni è diventato un’opportunità per tutti grazie alla diffusione di Internet e del World Wide Web, che hanno permesso per la prima volta una vera democratizzazione della tecnologia. Questo processo si è sviluppato attraverso diversi fattori chiave, il World Wide Web (WWW o web) e apertura di Internet al pubblico, con l’invenzione nel 1989 Tim Berners-Lee del Web, un sistema che rese possibile collegare e accedere facilmente alle informazioni online. Negli anni ’90, con l’introduzione dei provider commerciali, Internet si aprì al grande pubblico, consentendo a chiunque con una connessione di accedere a una quantità enorme di dati, cultura e servizi digitali. Tiscali è nata in Italia nel gennaio 1998 a Cagliari, fondata dall'imprenditore sardo Renato Soru in seguito alla deregolamentazione del mercato telefonico italiano, rese la rete aperta a tutti. Nel 1999, Tiscali ha lanciato in Italia il primo servizio di accesso gratuito a Internet, chiamato Tiscali Free Net, che ha rivoluzionato il mercato italiano superando il tradizionale modello a pagamento basato su abbonamenti annuali piuttosto costosi, favorendo così la diffusione di massa di Internet nel paese. Grazie allo spirito di controcultura e movimenti hacker nel mondo si sviluppò una cultura informatica che puntava alla democratizzazione della tecnologia, promuovendo un uso aperto, sociale e collaborativo della rete. Questo favorì la diffusione di competenze informatiche anche tra persone non specializzate, abbattendo le barriere tecniche e istituzionali. La diffusione di computer domestici, modem e poi dispositivi mobili ha reso possibile l’accesso a Internet a un numero crescente di persone, abbattendo i costi di comunicazione e informazione e creando nuove opportunità di apprendimento, lavoro, partecipazione culturale e politica.
Internet ha abbassato i costi dell’azione collettiva, facilitando la mobilitazione sociale e politica, la diffusione di opinioni e la creazione di comunità virtuali. Questo ha contribuito a creare nuove forme di partecipazione democratica e a mettere in discussione i tradizionali poteri istituzionali. Sebbene lo Stato abbia creato le infrastrutture di base, l’industria tecnologica privata ha liberato la tecnologia dal controllo esclusivo di élite tecniche, permettendo a un pubblico più ampio di usufruire delle opportunità offerte dal digitale.
Quanto è replicabile di questo processo nell’era della AI?
Il 30 novembre 2022 questa è la data in cui ChatGPT è stato lanciato ufficialmente da OpenAI. Si tratta di un chatbot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico, progettato per conversare con gli utenti in modo naturale e generare testi simili a quelli umani. Si tratta di un modello linguistico e non solo. Certamente non è stato il primo ma come primo si è aperto alla democratizzazione dell’intelligenza artificiale. L'intelligenza artificiale (AI) nasce ufficialmente nel 1956 durante il seminario estivo al Dartmouth College nel New Hampshire, quando un gruppo di ricercatori tra cui John McCarthy, Marvin Minsky e altri fondò programmaticamente questa nuova disciplina, partendo da studi precedenti come la cibernetica e i primi modelli di neuroni artificiali di McCulloch e Pitts del 1943.
66 anni, dal 1956 al 2022, sono trascorsi per consentire all'AI di diventare una vera opportunità alla libertà di crescita personale e nuove opportunità di business a costi ridottissimi grazie alla capacità di automatizzare processi produttivi sia concettuali sia operativi. Attraverso agenti intelligenti e sistemi automatizzati, molte attività ripetitive o complesse possono essere svolte senza intervento umano diretto, liberando l'individuo dal vincolo del tempo e permettendo di focalizzarsi su compiti creativi e strategici. Questo apre prospettive ampie di ricchezza e marginalità, poiché riduce drasticamente i costi di produzione e gestione, abbattendo le barriere all'ingresso per nuovi imprenditori e professionisti. A chi sarà preclusa l’innovazione? A nessuno, moltissimi modelli di intelligenza artificiale e Agenti sono pressoché gratuiti. Lo saranno per sempre? Forse no. Ancora oggi serve il contributo di tutti per alimentare questi modelli e lasciare “aperta” questa finestra di confronto con l’AI, questo non è un atto di generosità per le compagnie che ne detengono le proprietà è al contrario una opportunità. Quando si chiuderà questa finestra certamente moltissimi resteranno fuori, saranno i lavoratori “vittime” dell’AI. Questo determina l’urgenza di “agire” verso “l’alfabetizzazione artificiale”. Oggi l’intelligenza artificiale, nata come disciplina scientifica nel 1956 ed “emersa” alla conoscenza del pubblico nel 2022, permette di superare i limiti tradizionali del lavoro e della produzione, offrendo a chiunque la possibilità di crescere personalmente e di creare valore economico con strumenti potenti, flessibili e accessibili, rappresentando così una nuova frontiera di libertà tecnologica e conoscitiva.
Sarà per tutti anche per i “pigri”, sarà per sempre così?
L’AI così come appare oggi è uno strumento tecnologico di libertà e conoscenza perché amplia l’accesso alle informazioni e alle competenze, facilitando l’apprendimento personalizzato e continuo, automatizza processi complessi, aumentando l’efficienza e la produttività individuale e collettiva, consente nuove forme di creatività e innovazione, liberando risorse cognitive e temporali, favorendo l’inclusione e la partecipazione economica, abbattendo costi e barriere tradizionali.
Oggi l’AI è veramente l’opportunità per Tutti (pigri esclusi) di crearsi un modello personale e personalizzato per migliorare se stessi e contribuire al miglioramento della propria comunità sociale, ma è necessario non perdere tempo, non consentire alla finestra di chiudersi, non delegare agli altri, non trasformare questa semplificazione in una “facilitazione” cioè in un processo in cui il Facilitato si accomoda ignaro e il Facilitatole ha vantaggi espliciti o impliciti, uno scenario in cui il Facilitato delega il proprio libero arbitrio, la propria libertà di scegliere a una Intelligenza che non è la sua e non è affatto “Artificiale”.
Certamente questa “intelligenza” merita il termine “artificiale” perché è ottenuta con accorgimenti o procedimenti tecnici che imitano o sostituiscono l'aspetto naturale …, ma questo processo a “facilitare” è assolutamente naturale, ossia è un processo a cui molti o moltissimi di noi sono abituati.
La nostra mente di natura “delega” attraverso i “Processi cognitivi inconsci” o “Bias cognitivi” ossia errori sistematici nel modo di pensare che influenzano giudizi e decisioni (es. bias di conferma, effetto ancoraggio), ancora attraverso “Heuristics” ossia scorciatoie mentali che il cervello utilizza per prendere decisioni rapide, ma che possono portare a errori o distorsioni. Ancora la nostra mente adotta sistemi e “processi automatici”: molte decisioni vengono prese senza consapevolezza, basandosi su abitudini, emozioni o intuizioni.
Ancora il nostro computer di bordo del tutto “naturale” delega attraverso le “Influenze sociali e culturali” ossia tutte quelle “Norme sociali” i modelli di comportamento accettati dalla società che guidano le scelte individuali, come il “Conformismo e pressione sociale” ossia la tendenza a seguire il gruppo o l’autorità anche senza una riflessione consapevole, poi ancora il marketing “Condizionamenti mediatici e pubblicitari” ovvero messaggi espliciti o subliminali, sicuramente ripetuti che influenzano preferenze e desideri, infine i più automatici dei “sistemi automatici” sono i “Processi emotivi”, le emozioni influenzano fortemente le decisioni, spesso più della razionalità o meglio al posto della razionalità, paura, desiderio, ansia o entusiasmo possono spingono frequentemente verso scelte impulsive o difensive.
Il sistema è in grado di condizionare i tuoi stati emotivi (informazione, moda, abitudini di massa)?
Le scelte e le decisioni sono influenzate da processi inconsci, sociali ed emotivi che agiscono spesso senza che ce ne rendiamo conto. L’intelligenza artificiale, pur essendo “artificiale” nella sua origine tecnica, riproduce e facilita processi cognitivi naturali a cui siamo abituati, rendendo la sua integrazione nella vita quotidiana un fenomeno “molto naturale” e in via di “normalizzazione” e consolidamento.
Quindi l’intelligenza artificiale è appunto “molto naturale” e molto influenzata da individui che con naturalezza, come sempre, tendono a “facilitare”. C’è molto da lavorare. Dobiamo certamente conquistare la “semplificazione” e sconfiggere i “facilitatori”.
Un piccolo inciso, per distinguere due figure: Semplificatore e Facilitatore.
“Semplice non è facile e semplificare è tutt’altro che facilitare” CAP
Mentre il semplificatore costruisce un percorso di conoscenza accessibile e autonomo, il facilitatore gestisce e controlla il processo, con potenziali rischi di dipendenza e limitazione della creatività. La vera sfida è trovare un equilibrio tra autonomia, delega e vantaggi, per valorizzare il sapere senza rinunciare alla libertà di apprendere. Nel panorama della conoscenza e dell’apprendimento, le due figure che emergono con ruoli distinti e spesso confusi sono: il facilitatore e il semplificatore. Il Semplificatore, come descritto nel “Coach dell’Architettura Personale CAP”, è colui che, partendo da una molteplicità di elementi, “taglia a fette” la complessità per offrire porzioni di sapere efficaci e nutrienti, costruendo un reticolo logico e funzionale. La semplificazione non è superficiale né facile: è una scelta consapevole che valorizza la visione d’insieme e rende la conoscenza accessibile, promuovendo autonomia e libertà. Al contrario, il Facilitatore assume un ruolo di controllo e guida nel processo di apprendimento o lavoro di gruppo, spesso detenendo un vantaggio esclusivo. La facilitazione tende a semplificare i compiti, ma può generare dipendenza, riducendo l’autonomia dei facilitati e limitando la loro capacità di affrontare sfide complesse.
“Non esiste pasto gratis” Milton Friedman
Questo ammonimento sottolinea che la facilitazione implica sempre un costo, spesso a carico dell’autonomia individuale. Inoltre, il facilitatore può diventare dominante, rischiando di soffocare la pluralità di idee e la partecipazione attiva. Come sconfigiamo i “facilitatori”?
Attraverso il solito e preistorico lavoro, siamo in grado di vincere “semplificando” sui “facilitatori”, trasformando e impiegando le nostre energie per qualcosa di nuovo ma in modo antico: con l’impegno, le competenze, il talento, la cultura, l’etica, la curiosità, l’intraprendenza; ingredienti così naturali che costituiscono la tua più profonda naturalezza ossia ingredienti conformi alla tua più profonda natura di “super predatore” e “individuo sociale”.
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