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Immagine del redattoreMarco Repetto da Roma

Fallimento e dolore.


Fallire v. intr. e tr. [dal lat. fallĕre «ingannare» (nel medio passivo «ingannarsi, sbagliare»).


Fallimenti:


  • I primi passi di un bambino li dovremmo chiamare fallimenti?


  • Le prime rovinose cadute dalla bici appena tolte le rotelle, ancora fallimenti?


  • Uno scivolone mentre ti alleni …


  • Una competizione andata male…


  • Un esame universitario andato storto…


  • Un investimento di tempo per un progetto che non ti piace più…


Il fallimento non esiste! Cos’è allora a spaventarci a renderci istintivamente propensi al controllo?


Due approcci regolamentano l'iniziativa e il rischio:

  • una buttarsi e provare e correggere i tentativi fino a perfezionarli, fino al successo;

  • l 'altra stare attento a non commettere errori, valutare i rischi fino a non correrli affatto fino a non intraprendere affatto un tentativo valutato “rischioso”.


In entrambi gli approcci non si può fallire. Entrambi gli approcci, rischiare o non rischiare, però considerano moltissimo le risorse necessarie per intraprendere una iniziativa, l'efficacia dei gesti, del risultato, ma non è tutto.


Valutare se rischiare o no tende a nascondere una certezza che può sembrare scomoda: un aspetto in particolare che non può mancare: il dolore .


Dolore, escludendo l’accezione del male fisico ci stiamo occupando di una sensazione spiacevole, dovuta all'azione di un “agente” che compromette la quiete emotiva: il rischio.


Quali altri “agenti” oltre al rischio possono dare dolore? Può essere un fattore opposto al rischio cioè il controllo totale?


La risposta è ancora nella definizione del dolore “ in senso figurato, una sofferenza morale, spirituale, ed è quindi sinonimo di pena, angoscia …” la neuroscienza è chiarissima sulle principali cause dell'ansia primeggiano: la ricerca di certezze, il confronto, il giudizio, il bisogno di sapere troppo.


Quindi: troppo controllo è già dolore.


Intraprende o non intraprendere significa comunque disporsi necessariamente a sopportare una dose più o meno alta di “dolore emotivo”; questo rende l’intrapresa, l’azione, la ricerca, l’apprendimento, GRANDIOSAMENTE vantaggiosi!


Immaginare, scegliere, definire un obiettivo cura le ansie.


Agire ci espone al dolore quanto giacere nell’oblio della “eccessiva certezza” della ripetizione, quanto la sosta infinita nell’area in cui ci pare di controllare tutto.


La quantificazione del dolore è il migliore esorcismo per sconfiggerlo rapidamente e riprendere con slancio l’azione verso il risultato desiderato.


Gli stessi che si fermano sconfitti prima di "rischiare" prima di intraprendere una qualsiasi iniziativa se accettassero l'idea che il dolore fa parte del tutto, non resterebbero immobili verso l'ignoto perché il dolore non è incerto e parte del “sistema benessere” è premessa al COMPLETO BENESSERE EMOTIVO.


Come fa il bambino che cade, muovendo i primi passi a disporsi eretto e tentare ancora?


Accetta la frustrazione, il rischio, le cadute ma quella propensione naturale alla crescita, la fiducia innata nella vita, il vedere intorno a sé gli amati eretti esempi deambulanti, non crea dubbi: sopporto il dolore e riprovo.


Non c'è successo, scoperta, stabilità, miglioramento senza l'ACCOGLIMENTO e l’accettazione del tutto.


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