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Competere: un cammino condiviso verso la crescita

  • Immagine del redattore: Marco Repetto da Roma
    Marco Repetto da Roma
  • 14 minuti fa
  • Tempo di lettura: 3 min

"Mud Day" di Tel Aviv
"Mud Day" di Tel Aviv

L’antica parola latina competere custodisce in sé un invito, un richiamo a riflettere sul nostro modo di porci nel mondo. Formata dall’unione di “cum” (“con”, “insieme”) e “petere” (“cercare”, “dirigersi verso”), essa non si limita a evocare l’immagine di una gara a primeggiare, ma suggerisce una esperienza collettiva, un convergere verso un punto comune, un traguardo condiviso. È un termine che, nella sua essenza, ci parla di connessione, di crescita e di rispetto reciproco.


Immaginiamo un corridore in una corsa, un atleta. Non è solo, non sgomita per isolarsi, non scalcia chi lo insegue, non ostacola chi lo affianca né “sgambetta” chi lo precede. L’atleta compete, sì, ma nel senso più nobile del termine: si misura con gli altri, porta con sé la propria forza, il proprio allenamento, la propria fiducia e unicità, proteso al suo risultato migliore. Ogni passo è un dialogo silenzioso con il gruppo, una selezione di affinità, un impulso verso la creatività e ispirazione, un confronto che non giudica, ma stimola. Ogni falcata è un’occasione per migliorarsi, per scoprire i propri limiti e superarli, per imparare da chi corre accanto a davanti a sé. In questa corsa, l’arrivo non è solo una meta personale, ma un punto di convergenza, un momento di condivisione in cui il rispetto per gli altri si intreccia con l’aspirazione a dare il meglio di sé.


L’etimologia di competere ci insegna che il suo significato originario non è solo “gareggiare”, ma anche “coincidere”, “dirigersi insieme verso un medesimo scopo”. L’origine della parola è un invito a guardare oltre la competizione come lotta per la supremazia, per cogliere invece il valore di un percorso comune, dove il confronto diventa uno specchio per crescere, non per giudicare. In questa luce, competere si trasforma in un atto di connessione: un “andare insieme” che arricchisce, che eleva, che trasforma.


Da questa radice nasce anche il concetto di competenza, intesa come la capacità di essere all’altezza di un compito, di agire con autorevolezza e consapevolezza. Essere competenti non significa solo eccellere, ma essere in grado di contribuire con le proprie qualità a un progetto più grande, di offrire il proprio talento al servizio di un obiettivo comune. È un richiamo a riconoscere il valore di ciò che ci “compete” – ciò che ci appartiene di diritto, ma anche ciò che ci responsabilizza.


Allora competere e competenza insieme danno un significato al nostro agire in gruppo.


Riflettere sull’origine di competere ci spinge a riconsiderare il nostro approccio alla vita sociale. Competere non è solo cercare di superare gli altri, ma dirigersi insieme verso un miglioramento continuo. È un invito a coltivare le nostre competenze non per primeggiare a scapito di altri, ma per condividerle, per costruire ponti, per crescere insieme. È un atto di rispetto verso noi stessi e verso chi ci accompagna nel cammino.


Tornare con lo sguardo alle radici di questa parola ci ricorda che ogni sfida, ogni confronto, ogni corsa può essere un’opportunità per rinnovarci. Allora restare indietro è uno stimolo lontano dalla frustrazione, vedere chi è migliore è una ispirazione lontana dall’invidia. Competiamo, allora, con l’intento di farlo “cum” – insieme – e con “petere” – cercando, tendendo verso il meglio, liberi di rinnovare e rinnovarci. 


Che il nostro competere sia un viaggio di crescita, un’occasione per scoprire chi siamo e chi possiamo diventare, sempre in dialogo con gli altri, sempre diretti verso un traguardo che può appartenere a tutti.


 
 
 

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